Susanna, la protagonista del romanzo, è una donna afflitta da un brutto carattere e preda di due smodate passioni: scrivere e mangiare. Scrive in continuazione romanzi che nessuno pubblica e mangia, in modo compulsivo, cibo spazzatura che si fa recapitare a casa.
La sua storia si snoda nell’arco di due decenni; nella prima parte la donna, dopo la morte della madre, ha come un guizzo di vitalità, riesce a dimagrire e trova un lavoro in una casa editrice. Per un periodo convive con un poeta quasi più strampalato di lei, un tale Rinaldo, che parla in versi e scrive un improbabile “Poema epico sulle calzature” che gli verrà pure pubblicato. Poi, progressivamente, perde il contatto con la realtà e comincia a confondere le persone vere con i personaggi dei suoi romanzi. Scrive, per sfogare la sua frustrazione, lettere a personaggi vivi o morti, (fra i destinatari, si va da Guccini al Presidente della Repubblica, da Dio ad Alfred Nobel e via delirando) e, anche se all’inizio di queste sue missive cerca di essere gentile, finisce per scaricarvi una aggressività devastante. Stessa sorte capita alle poche persone che si interessano a lei, la vicina di casa, un’amica di vecchia data, una suora che per un periodo le affida, per aiutarla, il compito di insegnare l’italiano a un gruppo di donne zingare che la parrocchia assiste.
Questi pochi ormeggi alla fine cedono: sempre più sola, Susanna comincia a parlare con i protagonisti dei suoi romanzi come se fossero persone presenti nella sua casa (1) fino all’epilogo finale (che è poi la scena d’apertura del romanzo, che non rivelo per non fare spoiler).
La cifra del romanzo è il grottesco. Susanna è un quasi una macchietta, sempre con in mano un panino unto e bisunto, vestita di tute sudice, in una casa invasa dalla sporcizia.
È come se esistesse una mancanza di empatia dell’autrice verso il suo personaggio. Mancano i primi trent’anni della sua vita, dove forse si nasconde il perchè di un comportamento così autodistruttivo. Il crollo della donna è descritto benissimo nel suo crescendo, ma l’approfondimento psicologico del personaggio non è fra gli intenti dell’autrice. Susanna è così e basta, condannata. Anche quando, dopo la sua morte, un editore decide finalmente di pubblicare i suoi romanzi, il successo postumo sa di beffa e non di riscatto.
Per coincidenza, negli stessi giorni in cui leggevo il romanzo, sono andata a vedere il film “The whale” sulla storia di un insegnante di inglese gravemente obeso, stupendamente interpretato dall’attore Brendan Fraser. Ecco nel film ho trovato quello che mi è mancato nel romanzo: Charlie si distrugge, rifiuta di curarsi, ha perso il suo compagno e da lì è iniziato il suo rifugiarsi nel cibo, ha pochi amici e vive completamente isolato ma il regista lo accosta con gentilezza e rispetto. Il protagonista , che sa di essere arrivato alla fine, tenta di recuperare il rapporto con la figlia, perfino con la ex moglie, riesce ad aiutare un giovane predicatore che va a casa sua per convertirlo, mantiene cioè uno spessore umano che intenerisce lo spettatore. Si avverte che, dentro quel corpo strabordante, c’ è una persona.
Susanna invece è senza scampo e questo è molto triste, nonchè, forse, ingiusto verso chiunque, perfino verso un personaggio.
(1) mi è venuto in mente il teatro di Pirandello , in particolare “Sei personaggi in cerca d’autore”. Nell’opera, esempio innovativo di teatro nel teatro, non si narra del dramma dei personaggi ma del loro sforzo di trovare un autore che li rappresenti. Il confine fra realtà e finzione salta, fatto che all’epoca della sua rappresentazione fece molto scalpore. I critici parlano, nel caso di quest’opera e di altre, di teatro di tortura, definizione che mi pare molto appropriata, perchè il contrasto fra vero e non vero deve, per l’autore, angustiare gli attori, i personaggi e gli spettatori, portandoli in un mondo dove tutte le certezze sono irrimediabilmente infrante, un po’ come succede alla povera Susanna.
Per prima cosa, grazie per questa bella recensione, molto accurata e puntuale. Su ciò che dici a proposito di Susanna sono d’accordo in parte: è vero che si tratta di un personaggio grottesco, è questa infatti la cifra, che come ben hai osservato, ho voluto dare al romanzo. Non è vero, però, secondo me, che non ci sia scavo psicologico: Susanna è una persona che parla continuamente con se stessa e attraverso i suoi pensieri si può intuirne la psicologia.
Ho visto anch’io The Whale, che mi ha colpito molto. E’ un bellissimo film e Fraser è straordinario. Alcune scene mi hanno turbata, in particolare una in cui lui si abbuffa di cibo, mi sembrava quasi di averla scritta io… c’è una profonda differenza, però: Charlie è un personaggio mitissimo, dolce, tutto il contrario di Susanna. Ed è vero, lui in qualche modo si riscatta, lei no. Questa era proprio la mia intenzione: raccontare un personaggio che non ce la fa a riscattarsi. E’ più disturbante e posso capire che per molti lettori e lettrici un finale positivo sia di conforto. Ma esistono anche storie che non hanno salvezza, ed è ciò che ho voluto rappresentare.
Mi fa piacere che tu abbia apprezzato la mia recensione. Grazie delle tue precisazioni in questo commento.
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