“Forse mio padre” di Laura Forti , editrice Giuntina


“Forse mio padre” parla di un uomo mai realmente conosciuto e di una madre anche troppo presente nella vita della figlia, ma soprattuto è la storia del potere catartico e terapeutico della scittura.

L’autrice Laura Forti, drammaturga e scrittrice, trascina il lettore nel vortice di una ricostruzione impossibile.

Poco prima i morire, una madre rivela alla figlia che il marito, l’uomo con cui è stata sposata per oltre cinquant’anni, non è il suo vero padre biologico e le fa il nome dell’altro, del vero genitore. Si scoperchia così il vaso di pandora. Affiorano dal passato ricordi che forse sono solo falsi ricordi ; le reticenze di una famiglia borghese dove non c’è mai stato il coraggio di affrontare a viso scoperto i propri demoni, ricoprono , sotto il velo di un omertà vacillante, i pochi frammenti di verità.

Nell’immediato, per un malinteso scrupolo d’affetto, la figlia non incalza la madre morente . Quando, dopo diversi anni di rimozione , torna a ripensare a quella tardiva rivelazione, i dati oggettivi in suo possesso sono pochissimi ; i protagonisti e gli eventuali testimoni non ci sono più, il silenzio della morte circonda i fatti.

Così comincia un tentativo di risurrezione di cui il libro è il frutto e i ruoli si capovolgono : sarà la figlia a “generare” il padre. Se non può più sapere nulla del suo vero genitore , l’unica scelta possibile è quella di ricostruirne la storia come quella del personaggio di un romanzo , per poi seppellirlo, insieme alla donna da lui amata , nella tomba dell’immaginazione.

Nella prima parte del racconto si avverte forte la voce della madre , che costruisce la sua personale leggenda di sè, ad uso e consumo dell’unico ascoltatore, sua figlia, testimone incantata di una vita avventurosa, quella antecedente il matrimonio con un giovane affascinante non ebreo.

Si parla della bambina che viene cacciata da scuola perchè ebrea a seguito delle leggi razziali , della fame e della paura durante la guerra e la clandestinità, del coraggio di una ragazzina che porta nascosti i messaggi stenografati ai partigiani, della liberazione e dell’arrivo degli americani , dei numerosi corteggiatori fra cui compare quello che sarà poi forse il padre, di Cevoli, Israele e molto altro. Poi la madre scompare, come se la sua vita fosse finita nel 1949, come se i successivi 50 anni fossero stati per lei solo un insopportabile fardello, intriso di depressione.

La voce del padre si sente solo una volta , è appena un sussurro, nascosta in una frase che la protagonista legge di sfuggita , per semplice curiosità, in una lettera che trova fra le cose che la madre ha recuperato dalla casa della nonna appena morta ” ma non pensi che sarebbe meglio per Laura?

La lettera le viene subito strappata di mano e verrà prontamente fatta sparire, gettata nella spazzautura dei ricordi. Resta quella cauta domanda che fa intravedere un dialogo fra i due amanti che forse non si è mai spento e la debole testimonianza di un tentativo di lui di rivendicare un ruolo nella vita della figlia; questo spazio gli sarà sempre negato sia dalle circostanze storiche ( siamo prima della conquista del divorzio e della riforma del diritto di famiglia) sia dalla pervicace volontà della donna, per nulla intenzionata a buttare all’aria un matrimonio, sia pure infelice, per un rapporto che non è stato per lei una vera passione ma probabilmente solo un gesto di ripicca nei confronti del marito e della vita.

Poi, via via che i personaggi tacciono, la voce narrante comincia a prendere campo, diventa sempre più forte, si fa strada fra i morti , racconta e costruisce la sua vita.

Molto bella la gestalt finale: la protagonista sceglie due cose da tenere come ricordo buono del padre e della madre: una lacrima, una in tutta la vita, che la madre versa al funerale di sua madre e l’immagine del cagnetto Snoopy che le viene consegnato dalla nonna materna e subito tolto e che forse era un regalo del presunto padre e che a lui è stato riaffidato. Con queste due immagini può chiudere la storia, forse perdonare, sicuramente andare avanti.

Un Commento

  1. Laura

    Bellissima recensione, grazie!

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