Consigli di lettura: Manuel Vasquez Montalban “Lo strangolatore”, Frassinelli editore
Leggete questo libro. Non fatevi respingere dal titolo. Sono un’appassionata dei telefilm di Foxcrime, tipo C.S.I, Criminal Mind, ecc. Li vedo la sera, per rilassarmi prima di andare a dormire. Non c’è nulla che mi conforti di più della certezza che l’essere umano è una creatura complicata, capace di ogni nefandezza. Le personalità normali, ben inserite, socialmente accettate, mi annoiano e m’inquietano. Quindi non mi sono fatta bloccare dal titolo.
Già dalle prime pagine, sono stata investita da un’ondata di personaggi tirati in causa: Akira Kurosawa, Klimt, Balzac, Rodin, Marx, Engel, per citarne solo alcuni.
“Oddio” mi sono detta “Che roba è?” e mi sono fermata.
Dopo qualche giorno, ho ripreso la lettura e non l’ho più lasciata.
Il libro è il monologo di un soggetto rinchiuso in un manicomio, che si è inventato di essere Albert De Salvo, lo strangolatore di Boston e che si auto attribuisce trentaquattro efferati omicidi, ma gli psichiatri gli contestano che i suoi delitti non sono mai realmente avvenuti e che sono frutto del suo delirio affabulatorio, condito da un’erudizione fuori del comune.
Si arriva quindi alla seconda parte che è la relazione di uno psichiatra che l’ha avuto in osservazione e che sostiene che, in realtà, il paziente ha ucciso gli anziani genitori e una vicina di casa e che si è creato questa personalità dello strangolatore, che non è mai stato sposato e quindi non può avere ucciso i suoi tre figli. E via via ne confuta tutti gli omicidi.
Poi ultimo colpo di scena: la relazione è stata scritta dal protagonista, per fare un piacere al suo svogliato psichiatra che finisce, in preda al delirio, nello stesso manicomio in cui lui è rinchiuso.
E allora che cosa è vero? Il rimescolamento delle carte funziona: si arriva alla fine senza capire nulla e senza sapere quale sia la verità. Restano nella memoria personaggi incredibili: Alma la ragazza dorata, dal seno perfetto (ma solo uno su due, quello destro), la contorsionista innamorata del suo frigorifero Asdrubale, il maestro dalle mani di pietra, Seidita, il barbiere dei reclusi che ha il morbo di Parkinson, e via inventando.
La prosa è suntuosa, barocca, dirompente, funzionale a trascinarti in un gorgo di delirio e lasciarti lì nel mezzo della lettura, a cercare di riprenderti.
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