Una giornata in piscina


Puzza di cloro.

Nell’acqua appena tiepida, Donata si sforzava  di sentire cosa dicesse l’istruttrice-

“Avanti, avanti!”,”Altre dieci volte!”, “  Cambio di gamba, mi raccomando,- urlava la ragazza – cambio, cambio!”

La voce era sovrastata da una musica a tutto volume: il ritmo martellante e allegro  si diffondeva dappertutto, senza lasciare scampo, con onde sonore ampliate dall’acustica pessima dello spazio chiuso.

Giovani donne flessuose e piene di energia  dovevano avere ballato felici, in qualche lontana isola caraibica, con quella musica, senza scivolare, senza sbagliare, ogni gesto a ritmo, perfetto.

Nonostante gli sforzi,Donata non riusciva a stare dietro ai comandi.

“uno, due,tre!”.

Lei era ancora all’uno, torsione del busto a destra, quando le altre, trascinate dalla musica e da qualche capacità insospettata,  erano già  a sinistra .

“Di nuovo” “Destra , centro, sinistra” , l’insegnante  impartiva ordini. .

Donata  guardava ammirata  la ragazza che, senza sforzo,  saltellava a bordo della piscina, inguainata in una tuta strettissima, che ne evidenziava   le forme, non un filo  di grasso in più da nessuna parte.

“Dopotutto , è il suo lavoro” pensò Donata  per consolarsi , perché con gli anni era diventata saggia e tollerante  “ Ci mancherebbe che fosse grassa e che  non riuscisse a muoversi. Anche io con otto ore al giorno di allenamento sarei così, più o meno”.

Immersa fino al collo nel liquido puzzolente, sperava che l’acqua la aiutasse almeno a dissimulare la   goffaggine dei suoi movimenti.

All’inizio si  era immersa volentieri, per sfuggire agli  specchi della piscina , generosamente  sparsi su tutte le pareti  da qualche arredatore sadico .

Nello spogliatoio era per un attimo trasalita, colta impreparata  dal riflesso della sua immagine. Aveva visto, senza riconoscersi, una signora di 60 anni,  la pancia prominente e gonfia,  infagottata in un costume  nero, in testa una cuffia  che toglieva alla faccia la grazia dei capelli. Dopo un secondo  sguardo in tralice,  aveva preso coraggio e    si era concessa di osservare  alcuni particolari:  i piedi deformi con gli alluci  sporgenti  e le altre  dite accavallate ad artiglio, le caviglie gonfie,  la pelle delle braccia cadente.  “Avrei potuto depilarmi” si era rimproverata: non avrebbe fatto la differenza, ma almeno si sarebbe sentita più in ordine.

La mattina Donata si guardava solo distrattamente  per pettinarsi  e per controllare la   ricrescita grigia dei capelli. Non si era mai truccata, neppure da giovane. Nel corso degli anni aveva ascoltato,  con accondiscendente senso di superiorità, i racconti di amiche e colleghe che perdevano   un tempo per lei inaudito  per  prepararsi a mettere il naso fuori di casa.

Aveva da tempo deciso che era meglio ignorare   l’aspetto fisico. Con gli occhi dell’anima si vedeva sempre ragazza, le gambe affusolate,  il ventre piatto ed il seno sodo dei suoi venti anni.

Faceva conto invece sulla sua salute. L’assenza di  malattie, con l’esclusione di qualche banale influenza stagionale, l’accompagnava rassicurante.

Ma  quella mattina anche questa certezza cominciava a sgretolarsi. Sottoposta alla fatica aereobica degli esercizi in acqua e appesantita dai chili di troppo ,  Donata si sentiva mancare il fiato.

Malediceva dentro di sé di avere ceduto alle pressioni dell’ amica  che aveva  insistito perché si iscrivessero insieme a quel dannato corso.

Nora  si agitava  felice davanti a lei e ogni tanto si girava sorridendole, lanciando  battute incoraggianti .

“Forza , dai!” la voce dell’amica  le  arrivava a stento attraverso il frastuono della musica .

Donata annuiva di rimando. Stava considerando che l’altra  aveva dieci anni di meno.

“Forse è per questo che   si diverte. Beata lei”.  Ma non voleva guastarle la festa .

Sentiva che il suo malumore cosmico avrebbe potuto ammorbare l’ambiente e contagiare le altre donne, insegnante compresa, fino a farle cadere morte stecchite.

Tratteneva a stento l’affacciarsi alla mente di immagini catastrofiche: l’acqua trasformata in liquido corrosivo che avrebbe ridotto tutti i corpi in scheletri;  l’aria densa di vapori trasformata in  un gas letale.

All’ennesimo saltello, Donata aveva avvertito un forte dolore al ginocchio.

Persa la presa sul  pavimento viscido della piscina ,   era scivolata all’indietro.

“ Aiuto!” aveva gridato, peggiorando la situazione, perché dalla bocca aperta le era entrato in gola  un  torrente di acqua.

Ingloriosamente tirata fuori, rassicurata dall’essere ancora viva, con un gesto di stizza aveva preso l’accappatoio e si era diretta tossendo e sputacchiando verso lo spogliatoio.

“Sono vecchia” aveva pensato.

  1. Meglio accettare il proprio corpo e i propri limiti, anche se tante volte il cuore si sente più giovane e pensa di farcela….

  2. Bellissimo! Il fisico cede e l’idea che spesso, ognuno di noi ha di sè non coincidono. Mentalmente credo di essere ancora una ventenne con qualche attacco di pedanteria. Non mollo: ventenne + ventenne+ quindicenne? Così va meglio! 😉

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