Mio figlio


MIO FIGLIO

 

“Dario, sto uscendo!”

Donata si affaccia nella stanza del figlio per assicurarsi che non abbia le cuffie e la stia a sentire.

“Mi raccomando, ricordati il discorso che  ho fatto ieri. Smetti di farti canne e di stare fisso al computer ”.

Nessuna risposta.

“S e viene Mirco stasera, non voglio che porti roba in questa casa”.

Senza distogliere lo sguardo dal monitor dove palestrati marines combattono un’invasione aliena della terra, Dario sbotta ” Si, si ho capito. Ho 25 anni, devo trovarmi lavoro, blà, blà.  Non mi interrompere : sto giocando. E poi a Mirco ho già telefonato: lui non porta nulla, dobbiamo solo riformattare il suo computer. “

Donata sospira, si assicura di avere preso la cartella con i fogli scritti che deve portare al dottore ed esce.

Lo psichiatra da cui ha cominciato ad andare alla ricerca di consigli su come fare smettere il figlio di drogarsi, le ha chiesto di descrivere in poche pagine la sua vita quotidiana.

Le parole le sono uscite di getto e si sono incollate furiose sulle pagine bianche.

Si è sentita meglio, dopo.

Donata guida sovrappensiero

Vorrebbe tanto credere alle parole di Dario, al suo ennesimo giuramento e sa, anche, che, quando rientrerà a casa, più tardi, aprendo la porta, sentirà il puzzo rancido di sigarette e cannabis uscire dalla camera di lui, galleggiare pesante nell’ingresso e spandersi come una nebbiolina fetida in tutta la casa.

Arriva davanti al villino dello psichiatra. E’ in una zona residenziale della città, arrampicata sulle colline, fatta di case a due piani tutte nello stile dei  primi del 900 ma ciascuna con un particolare che la rende diversa  dalle altre: un corpo ottagonale sviluppato in altezza come una torretta affiancato alla costruzione, una loggia sostenuta da due colonnine, una  ringhiera con tralci in ferro battuto, un cartiglio ceramico con qualche dichiarazione importante.

Cancelli e muretti delimitano spicchi di giardini ben curati, con ortensie e gardenie, bouganville e glicini.

“Come sta?” le chiede il dottore, dopo che lei si è sprofondata nella poltrona davanti a lui.

Se non fosse agitata Donata noterebbe che l’uomo è attraente, alto, magro, i capelli brizzolati. Indossa jeans e una maglietta polo a maniche lunghe, mocassini scamosciati ai piedi. Donata si è limitata a guardarlo la prima volta pensando per un attimo  “Che bell’uomo” poi, spinta dall’urgenza delle sue preoccupazioni, non lo ha più realmente visto, e di sicura non si cura di come è vestito.

Alla domanda risponde in tono aggressivo, facendo spallucce.

“Come vuole che stia? Male come al solito”.

Nessun commento.

.” Mi ha portato lo scritto che le avevo chiesto?”

Lei gli porge la cartellina.

Lui scorre velocemente i fogli .

Donata ha messo un titolo “Mio figlio”.

Alcune frasi balzano fuori con l’urgenza di un dolore sordo e rancoroso.

“………. Mangia in continuazione, fuori orario. In una nottata insonne danti al computer, dopo una cena regolare,  si è fatto fuori tre cornetti, una scatola di tonno, una confezione di mortadella …….

E’ brutto e grasso, ha profonde occhiaie nere che non scompaiono mai, la pelle spenta dei fumatori, una barbetta sul mento che gli deforma l’ovale del viso………

Apre e chiude il frigorifero, senza magari prendere niente..

Tiene la porta della cucina aperta  e l’odore del cibo quando lui cucina fuori orario invade a tutte le ore la casa…….

Si mette davanti al televisore mentre lo sto guardando.

Mi interrompe quando sono al telefono……

Straparla con i suoi amici in vivavoce,  come se mi dovesse interessare cosa dicono loro oltre a sentire quello che dice lui……

Fa la doccia e la lascia intasata con l’acqua grigiastra che ristagna ed il sapone che ci si squaglia dentro.

Fuma le mie sigarette; i miei accendini spariscono nel nulla a ripetizione.…..

Dopo qualche canna diventa loquace e azzarda giudizi su quello che ha sentito in TV,  chiedendomi, a mo’ di intercalare, “ E’ vero o no? E’ vero o no?”………

Farnetica di progetti di acquisto di auto ( con i miei soldi), di lavori improbabili , parole a vanvera.…..

Ogni tanto si lamenta della sua relazione con la ragazza, slanciandosi in eroiche dichiarazioni di intenti. “Questa volta la lascio. Eh, che ne dici? Eh, che ne dici?……..”.

 

Il dottore alza gli occhi dal racconto e la guarda.

“Cara signora, finirò dopo  di leggere con calma la sua storia , ma da quello che ho potuto vedere, ad una prima scorsa, la vostra vita è un inferno. Quanto vuole andare avanti così?”

“Come le ho già detto, suo figlio ha una personalità fragile, borderline. Se lei continua a permettergli di stare a casa senza fare nulla, tutto spesato, fa del male a sé stessa e a lui.”

“ Ma come faccio praticamente, come dovrei fare secondo lei? Sono sola a combattere questa battaglia, suo padre è morto . Cosa dovrei fare, spingerlo a forza fuori di casa’. Lui è più forte di me, oltrettutto .”

Donata odia quel consiglio che, oltre al dottore, le danno tutte le sue amiche.

“ Ma cosa fai? Non vedi come sei ridotta? Deciditi buttalo fuori, lo stai viziando”

Un coro.

“Ma secondo lei è giusto mettere in strada un figlio? E’questo quello che deve fare un genitore? “
Nessuna risposta.

 

Donata si copre gli occhi con una mano, il pollice sullo zigomo e le altre quatto dita aperte a ventaglio per mascherare gli occhi che si inumidiscono.

 

Donata lascia stremata la seduta. Torna a casa. Apre la porta.

Puntuale le arriva al naso  l’odore di cannabis.

“ Ma non avevi detto che Mirco non portava nulla?. L’avevi promesso!” urla

“ Infatti”. Dario la guarda con un sogghigno .“Infatti, lui non ha portato nulla. Come ti avevo promesso. Sono uscito io e sono andata da un marocco in piazza a compare un pezzetto di fumo, ma piccolo, giusto due canne,eh?”

Donata lo contempla per un attimo a bocca aperta, ammutolita dalla sfrontatezza del ragionamento.

Poi esplode “ E allora che differenza c’è? Mi prendi pure in giro?”

Dario non la sta giù più ascoltando. E’ tornato in camera, lo stereo con la musica metal gracchia a tutto volume.

Alza il telefono. Chiama Benedetta una delle sue amiche, una del coro.

“ Senti per piacere, mi dai il cellulare di quel buttafuori, quello bello robusto che lavora nella discoteca di tuo marito?”

  1. pasric

    uno scambio di dialoghi che mantiene un buon ritmo e nutre l’attenzione del lettore, capacità rara nei narratori di oggi!
    Ottimo, ti seguiremo! Passa a trovarci, potrebbe piacerti il nostro lavoro!
    un abbraccio

  2. rivedo una persona in alcune cose…
    io invece ho scritto questo—>
    http://fiorediterra96.wordpress.com/2012/03/06/uso-di-droghe/
    potrà essere il classico tema di una 16enne ma le consiglio di leggerlo…
    Un saluto
    Una piccola donna…

  3. Brava Daniela!
    Complimenti! Fila tutto secondo le indicazioni della nostra Guru Eli. Io lo so che tu sai già come si scrive! L’ho sempre saputo da quando lessi di te, la “Casa”( che rimane uno dei miei preferiti). Ognuno di noi cerca nella scrittura degli altri qualcosa di sé, qualcosa che susciti le emozioni sopite o soffocate dallo stress della vita.
    A presto,
    Nilde

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